sabato 28 marzo 2015

INTERVISTA A MAURO MAZZETTI – I FIGLI BELLI

Ciao Mauro; per cominciare, come in ogni intervista che si rispetti, dovremmo riassumere cosa o chi sono “I Figli Belli”.

“I figli belli” sono quelli che tornano a casa tutti sporchi, con le ginocchia sbucciate, rossi in viso, sudati, capacissimi di risponderti male se gli chiedi dove sono stati e a fare cosa e guarda come si sono ridotti (perché hanno il loro mondo, e che cazzo, e non bisogna ficcanasare, a meno che non lo vogliano). Cioè sono scrittori tanto originali che per un periodo si sono raccolti attorno al magnifico simbolo di un abbraccio non privo di spigolosità, abbraccio che s'è doverosamente sciolto al primo accenno di autoreferenzialità.
Però mi rendo conto che non si capisce. I “Figli belli”, museo delle aorte moderne, il tanto a poco, è una cassa editrice che per diversi anni ha diffuso libri fatti a mano: poi, per mancanza di mezzi e tempo, li ha messi su www.lulu.com , dove ancora sono come preziosi reperti di un passato romantico.


Ho necessità di ambientare questa intervista: siamo in un campo di grano, è agosto. Ci si è fermato il sidecar. Siamo assolutamente incapaci di ripararlo. Da bere ci è rimasta una gazzosa frenata. In lontananza, dalle campane suonanti di una chiesetta, arriva l’eco di un’ Ave Maria. O forse è una lambada.

Andiamo in chiesa a cercare fortuna e acqua, i fedeli si interrompono, silenzio di tomba, una voce: non è un paese per echi... echi... echi... echi... 

Torniamo alla “autoreferenzialità”. Cosa intendevi?

Lo sapevo che ci tornavi - ma è giusto. Succedeva questo: che chi non c'era voleva esserci, per l'appartenenza a un gruppo di scrittori consolidato nel tempo attraverso la frequentazione dei vari siti di scrittura. E diventava sempre più difficile mantenere il modo originale, cioè che io mi innamoravo e proponevo la pubblicazione. Volevano farmi innamorare per forza. Ci vidi il rischio del cenacolo, della conventicola. Rallentai, smisi. Pensai che il gesto era iniziato e sarebbe proseguito anche senza di me, con altri nomi, sotto altre forme. 

Parliamo dunque degli autori. Intanto come hai conosciuto lo zoccolo duro?

Su scrivi.com conobbi Francesco (Ghezzi – ndr), Alessandro (Ansuini – ndr) e  Rosamaria (Caputi – ndr), che furono i primi, dopo Amilga (Quasino – ndr).
Amilga la conoscevo già, fu lei a portarmi su scrivi.com. Nel caso di Francesco, prima di avere il coraggio di chiederglielo, dovetti 'imparare' a scrivere poesie, per interessarlo. Con Rosa fu anche più difficile, lei fuggiva letteralmente per l'Italia. L'innamoramento per Alessandro non fu così immediato: era un oggetto strano per me, ma poi compresi la sua musica interiore, e, ecco, gli voglio tanto bene. Lui sa togliersi una spina dalla gola imitando un gatto che soffia. Altri ancora li avevo incontrati in concorsi, o li conoscevo per altri motivi e mi tornarono in mente. Tu pure sei parecchio strano, fai ridere e fai piangere.

Fino a quella serie di incontri, se non sbaglio, non esistevano I figli belli. Cosa scatta in te, come mai metti la freccia e superi a destra?

Fu un gesto. Un'amica mi aveva chiesto dei racconti da far leggere a non so chi. Avevo tempo e mi misi a preparare un libretto con materiali di recupero. Misi anche un'immagine in copertina (l'orinatoio di Duchamp). Poi guardai il risultato e compresi che ero giunto alla radice dell'editoria, ossia impiegare tempo e risorse per far conoscere ad altri gli scritti di uno che ti piace, e mi dissi che sarei stato editore. Così iniziai a cercare Gli Autori. In effetti dici bene, misi la freccia e superai me stesso. Ancora ricordo la mia faccia da ebete mentre quel me mi sorpassava.

Inizia così il corteggiamento agli scrittori: come ti sei proposto? Cosa racconta un editore serio come te a una serie di autori con grande attitudine a mandare in culo gli editori ciarlatani, quelli che ti scrivevano elevandoti a nuovo J.J. Pascoli, il poeta del futuro?



Avevo un modo un po' subdolo, se vogliamo. Mi facevo precedere dalla mia scrittura, che ritenevo ottima. Per cui, se lo facevo io doveva valerne la pena (questo era sottinteso, o così mi figuravo). Ma comunque dopo i primi quattro o cinque divenne facile, perché questa cosa di farli a mano prendeva. Ci volevano tempo e cura, era un gesto molto affettuoso. Raccontavo la mia esperienza di frequentazione del sottobosco editoriale, le antologie su cui ero uscito perché qualcun altro potesse guadagnarci. E poi che non mirassi al guadagno lo testimoniava il prezzo dei libretti: un euro. I ricchi non li volevo, come hai giustamente ricordato tu. Dicevo la cosa sostanziale: perché perdere tempo, sbattersi per entrare in quel mondo, quando possiamo creare il nostro ambito? Ignoriamoli! Questo dicevo. E avevo ragione. 

Hai di fatto risposto alla prossima domanda, ovvero come nasce la scelta di pubblicare “a mano”, di farti artigiano. Avevi escluso a priori altre forme?

Sì, certo, occorreva tornare al nudo gesto. Ogni tanto il luogo comune, che non è mai banale, va fatto rivivere. Allora o torni alle origini o lo stravolgi. Ma ci sono tanti altri modi per portare attenzione su un luogo di conoscenza essenziale. 

Ovvero…

Che scemo, mi sono messo in difficoltà da solo. Comunque la faccio breve, sono tutti riconducibili alla retorica. Adesso infatti sul blog sto mettendo ogni giorno (o quasi) una figura retorica, sotto la tag: ipotesi sull'origine della crisi. Perché la retorica è uno di quegli strumenti il cui effetto dipende dall'intenzione. Per esempio l'aposiopesi, se la usa Koch (Antonio Koch – ndr) è un conto, se la usa tua madre è un altro paio di monache. L'aposiopesi nel campo dell'editoria in cosa consiste? Lasciare un libro a metà, per esempio, e significherebbe che i finali sono tutti uguali, ossia la necessaria giustificazione dell'ispirazione che avevi quando hai cominciato.  Non so se ti ho risposto. Io comunque preferivo l'artificio del fare, mi rilassava.

La prendo per buona. Per venirti incontro cambio discorso: all’inizio accennavamo ai siti di scrittura. Questo tipo di esperienza, a tuo avviso, è superata? E se ti affacciassi oggi in rete, senza alcuna esperienza acquisita, frequenteresti un sito di scrittura on line?

Grazie, già sudavo. 
I siti di scrittura fino al 2004 pullulavano di bravi scrittori, che si sono molto influenzati tra loro. C'è stata una crescita rapidissima. Uno aveva un feedback immediato su ciò che aveva scritto, anche se, forse, questo ha ridotto il passo degli scritti. Se ci vai adesso, fatichi a trovare qualcosa di appena decente, mentre invece, nei due mesi in cui m'ero suicidato da Facebook ho trovato, gironzolando per blog, alcune ottime penne. Penso che se mi affacciassi adesso e usassi Facebook stenterei a trovare qualcosa di buono con cui confrontarmi. Il passo si è ridotto ulteriormente alla misura della casella di stato. Penso che per la scrittura sia meglio rivolgersi al mondo del blog.

Da autore, oggi, a chi daresti un tuo romanzo? Ti rivolgeresti all’auto-pubblicazione o proveresti comunque la via dell’editoria ufficiale?

Mi sa che m'è rimasto il debole per Adelphi. Mi detesto per questo. Comunque, se non mi danno buca, adesso ne faccio uno con Samiszdat. 

Siamo alle ultime domande. Hai sempre conosciuto di persona i tuoi autori?

Silvia (Molesini – ndr) e Rossella (Valentino - ndr) non le ho conosciute. Tutti gli altri sì, perché abbiamo fatto diversi reading in giro. Belle riunioni, cazzarola!  

Tra i “Figli belli” certamente ce ne sarà sicuramente uno al quale vorrai più bene che agli altri. Solitamente per una mamma è il maschio. Chi è questo maschietto e come mai?

Eh, ma questa domanda... Ci ho pensato qualche domanda fa: e se me lo chiede? Ti dico quello con cui ho parlato di più, ma proprio tanto tanto. Francesco (Ghezzi  - ndr). Anche perché lui non sapeva fin dove poteva spingersi. Pensava di scrivere poesie ma io ci vedevo sotto delle gran prose, e glielo dissi. E difatti era vero, perché poi ha scritto “Miss Dicembre” e “Ultimo giorno di lavoro di una prostituta”, che sono due grandi libri. Inoltre aveva (ed ha) una certa influenza su di me. Quando smise di scrivere per dedicarsi a scacchi e addominali, smisi anch'io, solo che i miei ad (aposiopesi estrema).

Ah ah ah.
Infine, Mauro, una mia considerazione: ti si vuole bene. I motivi sono diversi. Principalmente perché quelli che “ci pensano prima” sono meglio di quelli che ci pensano dopo, o che non ci pensano affatto. Poi perché hai avuto il guizzo, la capacità di attirare a te alcuni tra i migliori scrittori presenti in rete e, perché no, a mio modesto avviso, tra i migliori contemporanei. In Fisica, nello studio dei fenomeni magnetici, si fa spesso questo esperimento di avvicinare una calamita a barretta a una scatola di graffette. La domanda che ci si pone è: le tirerà su tutte? La risposta è no, ne tirerà su solamente alcune. E sai da cosa dipende? Dal fatto che il magnete esercita una forza di attrazione la cui intensità è corrispondente al peso delle graffette che si riescono a sollevare. In altre parole ogni magnete esercita una sua forza che gli permette di sollevare in colonna una determinata quantità di graffette. E se la catena di graffette è lunga, si deve tener conto anche del fatto che, aumentando la distanza dal magnete, la forza dello stesso diminuisce.
Questa è l’editoria clandestina. Questo sei stato e sei ancora per molti di noi. Hai avuto il merito di pescare le graffette migliori e di tenertele strette, in attrazione.

Poi, guarda, non si può mai dire. Magari vinco al Superenalotto, apro un locale chiamato “I figli belli” dove tutte le sere c'è uno slam e pubblico e regalo eccetera eccetera. Che ne sai. E comunque adesso Venerandi e consorte stanno facendo cose interessanti (polistorie) per e-book reader. E voglio vedere cosa faranno Alessandro e Lara (Cinelli e Arvasi, editori di Samiszdat - ndr) una volta raggiunta quota 30. L'ha detto a te che smette a 30, no? e che poi seguirà altre st

È ora. Dobbiamo andare: la lambada mi chiama, mi attrae a sé. Sono una graffetta indecente, io. Tu cosa sei?

O una calamita o un mito calante. 

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