sabato 28 marzo 2015

INTERVISTA A MAURO MAZZETTI – I FIGLI BELLI

Ciao Mauro; per cominciare, come in ogni intervista che si rispetti, dovremmo riassumere cosa o chi sono “I Figli Belli”.

“I figli belli” sono quelli che tornano a casa tutti sporchi, con le ginocchia sbucciate, rossi in viso, sudati, capacissimi di risponderti male se gli chiedi dove sono stati e a fare cosa e guarda come si sono ridotti (perché hanno il loro mondo, e che cazzo, e non bisogna ficcanasare, a meno che non lo vogliano). Cioè sono scrittori tanto originali che per un periodo si sono raccolti attorno al magnifico simbolo di un abbraccio non privo di spigolosità, abbraccio che s'è doverosamente sciolto al primo accenno di autoreferenzialità.
Però mi rendo conto che non si capisce. I “Figli belli”, museo delle aorte moderne, il tanto a poco, è una cassa editrice che per diversi anni ha diffuso libri fatti a mano: poi, per mancanza di mezzi e tempo, li ha messi su www.lulu.com , dove ancora sono come preziosi reperti di un passato romantico.


Ho necessità di ambientare questa intervista: siamo in un campo di grano, è agosto. Ci si è fermato il sidecar. Siamo assolutamente incapaci di ripararlo. Da bere ci è rimasta una gazzosa frenata. In lontananza, dalle campane suonanti di una chiesetta, arriva l’eco di un’ Ave Maria. O forse è una lambada.

Andiamo in chiesa a cercare fortuna e acqua, i fedeli si interrompono, silenzio di tomba, una voce: non è un paese per echi... echi... echi... echi... 

Torniamo alla “autoreferenzialità”. Cosa intendevi?

Lo sapevo che ci tornavi - ma è giusto. Succedeva questo: che chi non c'era voleva esserci, per l'appartenenza a un gruppo di scrittori consolidato nel tempo attraverso la frequentazione dei vari siti di scrittura. E diventava sempre più difficile mantenere il modo originale, cioè che io mi innamoravo e proponevo la pubblicazione. Volevano farmi innamorare per forza. Ci vidi il rischio del cenacolo, della conventicola. Rallentai, smisi. Pensai che il gesto era iniziato e sarebbe proseguito anche senza di me, con altri nomi, sotto altre forme. 

Parliamo dunque degli autori. Intanto come hai conosciuto lo zoccolo duro?

Su scrivi.com conobbi Francesco (Ghezzi – ndr), Alessandro (Ansuini – ndr) e  Rosamaria (Caputi – ndr), che furono i primi, dopo Amilga (Quasino – ndr).
Amilga la conoscevo già, fu lei a portarmi su scrivi.com. Nel caso di Francesco, prima di avere il coraggio di chiederglielo, dovetti 'imparare' a scrivere poesie, per interessarlo. Con Rosa fu anche più difficile, lei fuggiva letteralmente per l'Italia. L'innamoramento per Alessandro non fu così immediato: era un oggetto strano per me, ma poi compresi la sua musica interiore, e, ecco, gli voglio tanto bene. Lui sa togliersi una spina dalla gola imitando un gatto che soffia. Altri ancora li avevo incontrati in concorsi, o li conoscevo per altri motivi e mi tornarono in mente. Tu pure sei parecchio strano, fai ridere e fai piangere.

Fino a quella serie di incontri, se non sbaglio, non esistevano I figli belli. Cosa scatta in te, come mai metti la freccia e superi a destra?

Fu un gesto. Un'amica mi aveva chiesto dei racconti da far leggere a non so chi. Avevo tempo e mi misi a preparare un libretto con materiali di recupero. Misi anche un'immagine in copertina (l'orinatoio di Duchamp). Poi guardai il risultato e compresi che ero giunto alla radice dell'editoria, ossia impiegare tempo e risorse per far conoscere ad altri gli scritti di uno che ti piace, e mi dissi che sarei stato editore. Così iniziai a cercare Gli Autori. In effetti dici bene, misi la freccia e superai me stesso. Ancora ricordo la mia faccia da ebete mentre quel me mi sorpassava.

Inizia così il corteggiamento agli scrittori: come ti sei proposto? Cosa racconta un editore serio come te a una serie di autori con grande attitudine a mandare in culo gli editori ciarlatani, quelli che ti scrivevano elevandoti a nuovo J.J. Pascoli, il poeta del futuro?



Avevo un modo un po' subdolo, se vogliamo. Mi facevo precedere dalla mia scrittura, che ritenevo ottima. Per cui, se lo facevo io doveva valerne la pena (questo era sottinteso, o così mi figuravo). Ma comunque dopo i primi quattro o cinque divenne facile, perché questa cosa di farli a mano prendeva. Ci volevano tempo e cura, era un gesto molto affettuoso. Raccontavo la mia esperienza di frequentazione del sottobosco editoriale, le antologie su cui ero uscito perché qualcun altro potesse guadagnarci. E poi che non mirassi al guadagno lo testimoniava il prezzo dei libretti: un euro. I ricchi non li volevo, come hai giustamente ricordato tu. Dicevo la cosa sostanziale: perché perdere tempo, sbattersi per entrare in quel mondo, quando possiamo creare il nostro ambito? Ignoriamoli! Questo dicevo. E avevo ragione. 

Hai di fatto risposto alla prossima domanda, ovvero come nasce la scelta di pubblicare “a mano”, di farti artigiano. Avevi escluso a priori altre forme?

Sì, certo, occorreva tornare al nudo gesto. Ogni tanto il luogo comune, che non è mai banale, va fatto rivivere. Allora o torni alle origini o lo stravolgi. Ma ci sono tanti altri modi per portare attenzione su un luogo di conoscenza essenziale. 

Ovvero…

Che scemo, mi sono messo in difficoltà da solo. Comunque la faccio breve, sono tutti riconducibili alla retorica. Adesso infatti sul blog sto mettendo ogni giorno (o quasi) una figura retorica, sotto la tag: ipotesi sull'origine della crisi. Perché la retorica è uno di quegli strumenti il cui effetto dipende dall'intenzione. Per esempio l'aposiopesi, se la usa Koch (Antonio Koch – ndr) è un conto, se la usa tua madre è un altro paio di monache. L'aposiopesi nel campo dell'editoria in cosa consiste? Lasciare un libro a metà, per esempio, e significherebbe che i finali sono tutti uguali, ossia la necessaria giustificazione dell'ispirazione che avevi quando hai cominciato.  Non so se ti ho risposto. Io comunque preferivo l'artificio del fare, mi rilassava.

La prendo per buona. Per venirti incontro cambio discorso: all’inizio accennavamo ai siti di scrittura. Questo tipo di esperienza, a tuo avviso, è superata? E se ti affacciassi oggi in rete, senza alcuna esperienza acquisita, frequenteresti un sito di scrittura on line?

Grazie, già sudavo. 
I siti di scrittura fino al 2004 pullulavano di bravi scrittori, che si sono molto influenzati tra loro. C'è stata una crescita rapidissima. Uno aveva un feedback immediato su ciò che aveva scritto, anche se, forse, questo ha ridotto il passo degli scritti. Se ci vai adesso, fatichi a trovare qualcosa di appena decente, mentre invece, nei due mesi in cui m'ero suicidato da Facebook ho trovato, gironzolando per blog, alcune ottime penne. Penso che se mi affacciassi adesso e usassi Facebook stenterei a trovare qualcosa di buono con cui confrontarmi. Il passo si è ridotto ulteriormente alla misura della casella di stato. Penso che per la scrittura sia meglio rivolgersi al mondo del blog.

Da autore, oggi, a chi daresti un tuo romanzo? Ti rivolgeresti all’auto-pubblicazione o proveresti comunque la via dell’editoria ufficiale?

Mi sa che m'è rimasto il debole per Adelphi. Mi detesto per questo. Comunque, se non mi danno buca, adesso ne faccio uno con Samiszdat. 

Siamo alle ultime domande. Hai sempre conosciuto di persona i tuoi autori?

Silvia (Molesini – ndr) e Rossella (Valentino - ndr) non le ho conosciute. Tutti gli altri sì, perché abbiamo fatto diversi reading in giro. Belle riunioni, cazzarola!  

Tra i “Figli belli” certamente ce ne sarà sicuramente uno al quale vorrai più bene che agli altri. Solitamente per una mamma è il maschio. Chi è questo maschietto e come mai?

Eh, ma questa domanda... Ci ho pensato qualche domanda fa: e se me lo chiede? Ti dico quello con cui ho parlato di più, ma proprio tanto tanto. Francesco (Ghezzi  - ndr). Anche perché lui non sapeva fin dove poteva spingersi. Pensava di scrivere poesie ma io ci vedevo sotto delle gran prose, e glielo dissi. E difatti era vero, perché poi ha scritto “Miss Dicembre” e “Ultimo giorno di lavoro di una prostituta”, che sono due grandi libri. Inoltre aveva (ed ha) una certa influenza su di me. Quando smise di scrivere per dedicarsi a scacchi e addominali, smisi anch'io, solo che i miei ad (aposiopesi estrema).

Ah ah ah.
Infine, Mauro, una mia considerazione: ti si vuole bene. I motivi sono diversi. Principalmente perché quelli che “ci pensano prima” sono meglio di quelli che ci pensano dopo, o che non ci pensano affatto. Poi perché hai avuto il guizzo, la capacità di attirare a te alcuni tra i migliori scrittori presenti in rete e, perché no, a mio modesto avviso, tra i migliori contemporanei. In Fisica, nello studio dei fenomeni magnetici, si fa spesso questo esperimento di avvicinare una calamita a barretta a una scatola di graffette. La domanda che ci si pone è: le tirerà su tutte? La risposta è no, ne tirerà su solamente alcune. E sai da cosa dipende? Dal fatto che il magnete esercita una forza di attrazione la cui intensità è corrispondente al peso delle graffette che si riescono a sollevare. In altre parole ogni magnete esercita una sua forza che gli permette di sollevare in colonna una determinata quantità di graffette. E se la catena di graffette è lunga, si deve tener conto anche del fatto che, aumentando la distanza dal magnete, la forza dello stesso diminuisce.
Questa è l’editoria clandestina. Questo sei stato e sei ancora per molti di noi. Hai avuto il merito di pescare le graffette migliori e di tenertele strette, in attrazione.

Poi, guarda, non si può mai dire. Magari vinco al Superenalotto, apro un locale chiamato “I figli belli” dove tutte le sere c'è uno slam e pubblico e regalo eccetera eccetera. Che ne sai. E comunque adesso Venerandi e consorte stanno facendo cose interessanti (polistorie) per e-book reader. E voglio vedere cosa faranno Alessandro e Lara (Cinelli e Arvasi, editori di Samiszdat - ndr) una volta raggiunta quota 30. L'ha detto a te che smette a 30, no? e che poi seguirà altre st

È ora. Dobbiamo andare: la lambada mi chiama, mi attrae a sé. Sono una graffetta indecente, io. Tu cosa sei?

O una calamita o un mito calante. 

venerdì 27 marzo 2015

INTERVISTA AD ALESSANDRO CINELLI - SAMISZDAT

Ciao Cino: dunque, per iniziare questa intervista dovremmo dire chi sei, cosa è Samiszdat e, con un piccolo passo indietro, cosa è la Biblioteca Clandestina Errabonda.

Chi sono è la cosa meno importante immagino ma, per onore di cronaca, diciamo che sono Alessandro Cinelli. Come chi sarebbe? Valente autore di prosa e, soprattutto, lettore onnivoro e facile all'innamoramento. Che poi questa cosa non è neanche troppo vera. Non sono così facile all'innamoramento. Ma quando un testo mi tocca, quando uno stile mi colpisce, mi faccio prendere decisamente la mano.

Parlami della Bce, come nasce  e perché

La BCE nasce dal bisogno di spargere il contagio. Per dirla semplice, per una serie di motivi che non sto a spiegarti ma che sai,  alcuni anni fa mi decisi a dare il mio contributo alla divulgazione di alcuni autori che conoscevo da tempo, da un punto di vista letterario, a un pubblico che non aveva avuto modo di leggerli prima. Ho trovato terreno fertile a Livorno e un gruppo, neanche troppo sparuto, che si è messo a seguire le serate. Il trucco era semplice: legare una cena all'incontro letterario spogliandolo quindi di ogni struttura e mettere gli autori non su un palco ma a stretto contatto con potenziali lettori. La cosa ha funzionato. Probabilmente anche la stoffa del conduttore ha avuto il suo peso. Ma la forza della BCE sono stati gli autori. Ricordo una serata con Gino (L.R. Carrino – ndr) che fu fantastica  e Ale (Alessandro Ansuini – ndr) fu un colpo per i miei lettori. Poi c'entra molto anche la casualità. Se ricordi, circa sei mesi prima della nascita della BCE, facemmo una serata per presentare “Rifrazioni” (libro nato da un’idea di Guido Conforti e che vedeva impegnati dodici autori - ndr). Quella fu una serata magica. L'atmosfera era proprio quella giusta e da lì nacque il primo abboccamento con quelli del centro sociale. Era ancora un'idea informe ma prese velocemente una fisionomia che poi è rimasta invariata. Quando due anni dopo mi sono trasferito a Parma ho semplicemente ripetuto l'esperienza, che non poteva essere lasciata così a mezz'aria. Lara ha avuto una grande influenza in questo. Lei pensava (spero lo pensi ancora) che dovevamo proprio farlo. Da allora la BCE non è solo me, altrimenti non sarei riuscito a fare tutto il resto.
Ma anche il cenacolo, dopo un anno di attività iniziava a mostrare la corda e le energie scarseggiavano. Nasce allora Samiszdat. Nasce perchè, durante le presentazioni, ci mancavano proprio i libri che intendevamo promuovere. O se li avevamo erano bruttini. E dato che siamo piccoli esteti  abbiamo deciso di realizzare la collana per eccellenza, piena di contenuti, ma anche bella come oggetto, molto raggiungibile (parlo di economia) ma anche, in qualche modo, alta. Avevamo alle spalle le esperienze dei Figli belli, della Smith & LaForgue e della Libera Stamperia Wang di cui siamo sicuramente figli putativi. Ma avevamo anche l'aspirazione a costruire una cosa un po' più professionale che potesse essere mostrata anche ai "sordi" senza che dovessero storcere il naso.

Scusa se ti interrompo ma siccome facciamo come ci pare, sarebbe suggestivo immaginarci davanti alla madonnina di Civitavecchia, quella che piange senape. Siamo seduti a gambe conserte, condizione che non ci permetterà di alzarci agilmente al termine dell’intervista.  In mano abbiamo due cedrate scadute.

OK! Mi siedo


Con questa intervista, la Libera Syamperia Wang intende avviare un ciclo di dialoghi con gli editori clandestini. Per farlo, nel tuo caso, mi avvarrò dell’aiuto di alcuni tra gli autori presenti nella tua collana. Alcune domande saranno ripetitive ma devi sapere che nessuno di loro conosceva le domande poste dagli altri.
Bene, appoggia il bicchiere sulla madonnina, e rispondi:

Me ne farò una ragione.

Iniziamo da Antonio Koch.                                                                                                                                  
 Via.

“Vorrei chiedere a Cinelli quando e come ha fumato la sua prima sigaretta, ma soprattutto perché, e poi anche quale è la sua attrice preferita e perché?”

Facile facile. Prima sigaretta a quattordici anni. Perchè è un po' più complicato. Potrei dire perchè volevo essere grande o uno stupido. E ci sono riuscito perfettamente.
La mia attrice preferita invece è una categoria fluttuante, vado a periodi. Da qualche tempo la Sarandon è in discesa  

Mi vai sul retrò…

Sono retrò.

Roba per amatori.

Antiquari.

Tipo una Ka viola del 93… cose difficili.

Avrei detto una 127 blu del 1985. E’ stata la mia prima macchina, ora mi commuovo…

Speriamo di no. Mi imbarazzerei.

Aveva i ribaltabili. Oh, io lego molti dei miei ricordi giovanili alle meraviglie tecnologiche della 127.

Immagino…. Ma suppongo che Lara lì accanto non le voglia conoscere …

Mi sta prendendo per il culo: lei dice che la 127 era scomodissima. Ma Koch cosa aspetta a cambiare pusher?

Passiamo a Venerandi.

Vada per Venerandi.

 Non hai paura che tutto quello che hai fatto, da un giorno all'altro, smetta di esistere?”

Dissi a Guido Conforti una volta che tutto scomparirà prima o poi. Ma questo non è un buon motivo per non combinare qualcosa. Paura? Sì.


Maeba Sciutti 
Chiederei se Samiszdat nasce come reazione a delle esperienze non edificanti con l'editoria affrancata (o pseudo-ufficiale o comelavogliamochiamare), diciamo quella dotata di codice isbn, da Liberodiscrivere alla Einaudi e, se sì, da quali. Ma chiederei anche qual è, fra i romanzi a firma Cinelli, il libro a cui è più legato e perché.”

No. Non come reazione. Come alternativa. perchè non trovavo soddisfacenti i libri che venivano "prodotti", inadeguate le scelte editoriali; il commercio è una bestia strana.

Accettavi la logica del pagare per pubblicare?
Mai. E' una cosa stupida. Anche se tu riuscissi a non farlo sapere a nessuno e ti facessi passare per un pubblicato vero  la mattina davanti allo specchio dovresti comunque fare due conti.

La tua scelta attuale è sicuramente figlia di questo rifiuto "culturale", quindi .

Un libro pubblicato a pagamento è un imbroglio. Quindi l'unica alternativa è l'autoproduzione. Non a caso Samiszdat vuole essere una garanzia. Noi diciamo ai nostri lettori che la faccia ce la mettiamo e che garantiamo quello che pubblichiamo.

Mauro Mazzetti (I Figli belli – ndr) diceva che i suoi libri costavano un euro così i ricchi non se li potevano permettere. Ho sempre trovato questa frase geniale e rivoluzionaria.

Sì. Mauro ha spesso uscite geniali. Ma devo ancora una risposta. Il libro cui sono più legato è “Gialla” perchè è l'ultimo. Ma non per retorica, soltanto perchè è il mio frutto più maturo.

Direi anche il libro che più degli altri ti ha violentato…

Sto migliorando. Cerco di farlo.

Mi è sembrato, leggendolo, che quasi lo subissi, quel testo.

Abbastanza vero.

Ti ho immaginato trascinato, impotente, rapito.

Ho sempre detto che solo la distanza permette di scrivere bene. Per “Gialla” ho dovuto cercare di annullare la distanza. Una volta parlammo di come scrivere non sia un processo gradevole anzi, quanto riesca doloroso, si sputa il veleno, che a sputare le saponette ci pensa Moccia. “Gialla” porta dentro molto nero che è la mia parte più interessante, temo.


Luigi Romolo Carrino  
“Vorrei sapere, se c'è, il nome di un autore che vorresti in Samiszdat e che invece ti ha rimbalzato.”


A Gino rispondo che c'è stato un autore che volevo a tutti i costi. Era stato il primo a cui avevo pensato e avevo pensato a un suo libro in particolare. Eravamo all'inizio, erano usciti solo quattro libri, gli chiesi se era interessato e lui mi disse di no o meglio che voleva capire cosa stessi facendo prima di darmi qualcosa .
L’autore che volevo si chiama Guido Conforti e ha pubblicato un capolavoro con Samiszdat. Non ci sono autori che mi mancano. Ho raccolto quelli che per me erano i migliori. Poi, se ne spuntano di nuovi, sono molto felice. Dobbiamo ancora arrivare al numero trenta che segnerà la fine della collana.

Ah! Colpo di scena …
Samiszdat deve restare una cosa definita. Poi vedremo cosa fare di nuovo. La BCE non chiude di sicuro. E inizio a intravedere nuove prospettive editoriali ma ancora non ho definito la forma.

 “Sono talmente avanti che se mi volto indietro vedo il futuro”.

Sto pensando a qualcosa di molto contaminato ma è presto per parlarne. PS io se mi volto vedo il futuro anteriore. E comunque, tanto per spiegare, Samiszdat, in questo modo, non sarà mai finita. Si parlerà di questa collana per tutti gli anni a venire e quindi fa parte a pieno titolo del futuro: è una cosa già definita che ancora si deve avverare.


Amilga Quasino  
“L'editoria clandestina è/potrebbe essere considerata anche "internazionale"? Cioè: la lingua che origina il testo è traducibile nuovamente in poesia? E, se sì, secondo quali parametri rispetto alla poesia internazionale autorevolmente tradotta?
E inoltre: sarebbe disponibile l'editore Cinelli a promuovere delle traduzioni clandestine non ufficialmente autorizzate? È considerata questa azione ad alto rischio?”

E' considerata azione ad alto rischio. Proprio per questo Samiszdat è pronta a farlo. Ma chiaramente il parametro essenziale è che l'autore partecipi attivamente alla traduzione, alla trasposizione direi.  Già Ansuini ha pubblicato con noi “Eudemonia” bilingue. Samiszdat crede che spargere oltre confine il verbo sia cosa giusta. Ma non si occuperà di traduzioni. Samiszdat  potrebbe pubblicare le versioni in altre lingue dei suoi libri se gli autori fossero interessati o se qualcuno da fuori provasse a dimostrare interesse per questo.
La lingua originale non è traducibile, come dimostrano molti terribili tentativi. Ma l'autore può salvare la trasposizione facendone un'opera diversa ma contigua.

Oggi sono in vena di citazioni: diceva Benedetto Croce, “ Meglio una traduzione bella e infedele che una brutta ma fedele”.

Sicuramente vero. Credo che si dovrebbe proprio abbandonare l'idea di traduzione. Si possono fare cose diverse, anzi, si dovrebbero fare. Amilga Quasino potrebbe essere una di queste.

Guido Conforti 
“2010: scrivere in forma compiuta e stampare un libro sono forme accessibili a chiunque.  Il miracolo sta nel tempo dedicato alla lettura. Com'e' che Samiszadt pensa di proseguire nella suddivisione dei pani e dei pesci?”

Samiszdat tiene dritta la barra. Pensando che la coerenza alla lunga paghi. Ho scoperto già da alcuni anni che quando dai a qualcuno un buon libro esso germina. Magari genera una catena corta ma la genera. Ho un'amica che, ad oggi, è la prima tifosa di Artur Scantini che le ho fatto leggere anni fa. Ansuini ha alcuni tifosi a Livorno. E spargo i tuoi libri in giro con sempre minore difficoltà. Se l'onda lunga funziona siamo a cavallo. Carrino a Parma è un semidivo (nel nostro giro). E poi lavoro, lavoro, lavoro, promozione laterale, tentativi di facilitare il passaparola. L'innamoramento, in questo, aiuta.

Mi dai qualche numero di Samiszdat?

Allora: 24 libri prodotti. 1221 copie vendute. 4951 visite al sito. 25457 letture delle anteprime on line. Libri sparsi in 29 province italiane e 2 straniere.

In una tua recente uscita hai avuto modo di dire che non eri propriamente soddisfatto. 

No, non sono soddisfatto. Vorrei aver fatto di più. So che ci sarebbe la possibilità di fare di più.

Ma intendevi dire che desideravi che un tuo autore sfondasse?

No, io non credo nello sfondare. Se mi chiedi cosa penso dei miei autori ti dico che fra loro ce ne sono alcuni che verranno ricordati. Ma sono anche abbastanza sicuro che difficilmente “sfonderanno". E sticazzi. Se quello era l'obiettivo non facevo Samiszdat. Però sono convinto che le sacche di resistenza sono più ampie e ancora non le abbiamo raggiunte. Non tutte. C'è il limite del web e le facilitazioni del web.

Quindi la tua delusione è legata al fallimento della forma editoriale on line, inevitabile  se non associata a qualcosa che la porti fuori dal web.

Non propriamente. Dico che ci sono pochi lettori interessati alle pubblicazioni non ufficiali. Abbiamo iniziato da poco. Non noi BCE. Noi editori clandestini. Esistiamo da poco. Ancora non esiste un'abitudine a leggere cose che vengono distribuite in modo diverso dal solito. E poi, un anno non è sufficiente per raccogliere risultati di molto superiori. Però, se avessi avuto la forza e le possibilità di organizzare una lettura a settimana avrei spacciato molti libri in più … Non sono mai venuto via da una presentazione senza aver venduto libri.

Ma a livello di impressione, credi che uno dei limiti sia l'acquisto on line?

L'acquisto on line è un limite ma il porta  a porta è escluso a meno che non troviamo dei volontari. Alcuni anni fa avevo pensato di costituire un circuito di pusher letterari. Potrebbe essere una bella via da percorrere. Ce ne vorrebbe uno in ogni città.

Negli Stati Uniti esiste una formula della quale non ricordo il nome,in base alla quale fai girare un libro o meglio, lo leggi e poi lo abbandoni e chi viene dopo di te fa lo stesso. Rotazione infinita.

Il book crossing.

Ecco, quello.

Molto bello. Ma ci vogliono i lettori. Oppure si potrebbe pensare di fare dei libri appositi.

A quello pensavo…

O una formula italiana più bella. Lara dice che si potrebbe praticare, sarebbe una via interessante.  Certo, un po' di soldi finirebbero in fumo. Resta il problema di non sapere se e chi legge il libro.

Lara prende fuoco facilmente, mi sa.

Lo sai che mi hai dato un'idea. Ora ci rifletto un po' ma è fattibile.


Rosamaria Caputi  
“Ecco, Cinelli, ti chiedo coi due punti: ma se questa editoria clandestina diventa trendy trendy (due volte)  da far invidia a quella trendy (una volta). Insomma diventa più trendy di quella che trendy lo era già e noi non ci si teneva affatto. Cinelli, che si fa? “

Sarebbero cazzi. Noi non siamo affatto trendy. Ma è un rischio effettivo. Ma sono fiducioso che la qualità scoraggi. Perchè mai uno dovrebbe fare tutta quella fatica quando può leggere la Tamaro o Stieg Larsson? Lo sto leggendo adesso e me ne sono pentito a metà del primo libro. Sono tre tomi da seicento pagine l'uno. Non so se riuscirò. Forse dovrò convivere con questo fallimento

Hai qualcosa contro la Svezia?

Sì. Stieg Larsson.
Comunque, rispondendo a Rose, ammetto di non essere stato sfiorato dall'idea. Già dall'inizio ho voluto che fosse chiaro anche all'interno dei libri che la proprietà è dell'autore per cui, in caso….

Chiede Mauro Mazzetti se tutti i suoi sogni di editore sono ancora vivi.

Ne ho di nuovi. E poi, finché non si avverano... Magari illuso, ma non disilluso.

L’ultima domanda la tengo per me: Cino, meglio in teoria o in pratica?

Questa è dura. La teoria ha un sacco di pregi. Niente freni e nessuna possibilità di rimanere fregati.  Ma non ha controprove. Diciamo che è meglio la teoria solo dopo averla praticata a posteriori.

Si fa una marzullata?

Dai.

Fatti una domanda e datti una risposta.

E poi mi mando anche a fare in culo?

Eh.

E poi mi aspettavo quella dei sogni che aiutano a vivere…

Sai, oggi riflettevo sul mio incubo peggiore: vuoi che te lo racconti?

Sì, poi ti racconto quello di Lara.

Ho paura di svegliarmi in una sala da ballo piena di anziani che fanno i balli di gruppo. Mi cagherei sotto. Li temoQueste onde di anziani che si muovono a unisono. Mamma mia.

Lara si sogna uno che, fuori scena, le grida:"Grassona!" e si sveglia tutta incazzata con me. Ma questa nell'intervista non mettercela.

No, no, figurati. Ti pare. Come potrei.
Bene, si chiede il conto?

Per due cedrate? Offro io.

Allora vado a spegnere la luce azzurra che illumina la madonnina che piange senape. Tu hai ancora la 127?

Non più. E' rimasta negli anni della giovinezza. Ho una Punto diesel. Però ha i ribaltabili.

INTERVISTA AD ALESSANDRO ANSUINI – Smith & La Forgue Indipendent Press

Per intervistarti dovrò usare una serie di stratagemmi che impediscano a me, per primo, di anticipare le risposte. La prima domanda che ti faccio è: come è nato il progetto Smith & La Forgue, e a chi si rivolge?

Il progetto nasce sulla scia dei "Figli belli" di Mauro Mazzetti; lui faceva l'editore romantico con questi libretti fatti a mano, mi piacque l'idea e decisi di fare una casa editrice anche io. All'inizio editavo anche altri, producevo quattro copie del libro e le mandavo assieme alla matrice all'autore, che da quel momento poteva produrne a suo piacere. Poi ho capito che l'idea poteva funzionare anche per un solo autore, quindi divenne la mia casa editrice. In questo modo assecondo la mia pigrizia e stimolo quella degli altri. A chi si rivolge, chiedi. A chi leggerà i libri. L'idea è totalmente fuori dal mercato che non ha la pretesa di rivolgersi a qualcuno. Vive di sua spontanea volontà. 

Anche nel tuo caso ho la necessità di ambientare l’intervista: siamo in Alabama, seduti in un bar all’aperto con raffiche di polvere che ci arrivano addosso. Stai bevendo una tequila col verme dentro. Io un frappé. Che altro.

Secco la tequila, prendo il verme e te lo butto nel frappé. Da quel momento il tuo frappé avrà un nome, che è MCDONALD, e potrai venderlo alle gallerie d'arte a 5000 euro. Sei contento?


Sì. Mi dà il senso dell’Alabama. Adotterò quel verme, lo chiamerò Julio, lo porterò con me sempre, anche nel Wyoming. Senti, il primo libro che hai pubblicato? 

Non mi ricordo. Forse Asylum. 


Spiegaci la filiera del libro. Cosa accade dopo aver ottenuto il “prodotto” libro? Cosa fa l’editore per metterci a conoscenza dell’esistenza di un’opera?

Nulla, ci mancherebbe. La pubblicità è l'anima del commercio e il commercio con la scrittura non c'entra nulla. Infatti i libri si barattano con altre cose utili. Oppure, come faceva Mazzetti, si danno via a pochissimo così i ricchi non possono comprarli. Puoi provare a ordinarli su internet ma non ho tempo di spedirli. Quindi niente, se vieni a una lettura/concerto facile che li trovi, oppure guarda nelle metropolitane, qualcuno lì ne viene lasciato sempre. 

Quale libro ti piacerebbe aver editato, tra quelli presenti nel vasto panorama della pubblicazione mondiale? 

T.A.Z di Hakim Bey, ma un paio di copie credo di averle fatte.


Giuseppe Pontiggia, nel corso di un'intervista, confessò che durante le sue conferenze sulla scrittura al Teatro Verdi di Milano, c'era una frase ricorrente che spesso alla prima lezione sentiva dire dai partecipanti: “Io vorrei scrivere perché la mia vita è un romanzo." Cosa risponderesti?

E chi la diceva, lui o quelli che ascoltavano le conferenze? La tua vita non può essere un romanzo, nei romanzi le persone si rilassano; leggi che il tale si sedette su una panchina e si rilassò, e invece non è vero. Le cose che accadono nei romanzi non ti succedono nella vita o se ti succedono non te ne accorgi perché sono piene di persone che puzzano, e le cose sono tutte sporche, e ti gratti un inguine, per cui non t'accorgi di un cazzo. Quando scrivi tutto appare sotto una luce migliore, proprio perché lo scrivi, mica lo vivi.


Come si fa a capire, allora, quando l'idea per un romanzo è sufficientemente valida da meritare di essere ampliata e raccontata?

Non c'è modo. Come capisci quando un quadro è finito? Non potevi mettere un'altra pennellata lì? Certo che potevi. Non potevi metterne una in meno? Certo che potevi. Ma a un certo punto smetti e dici "ecco, ho finito". Sei un'artista, quindi ti lasciano fare. Sei un privilegiato mantenuto. Sei didascalico. Non nuoci a nessuno e se diventi pericoloso, come Saviano, dal tuo libro ci fanno un film. Il nostro sistema fagocita tutto. Per nostro intendo italiano. Noi italiani facciamo proprio ridere.


Qual è il tuo rapporto con la scrittura? Quali le tue abitudini, i tuoi spazi, i "riti" che quotidianamente ritrovi quando ti metti a scrivere?

Ho smesso di scrivere, sei o sette anni fa. Scrivere con l'intenzione di scrivere intendo. Adesso scrivo senza intenzione. Sono un uomo libero. Comunque la odio la scrittura, veramente.

Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Nabokov e Rimbaud. Eliot e Djuna Barnes. Ma “riferimento” mi sembra azzardata come cosa. Ti ho detto autori che mi piacciono. Ne potevo dire altri. Tipo Simic. Che non è il terzino dell'Inter, per tua informazione.


Vedi. A volte. Per me Sliskovic rimane invece un punto fermo. Volevo chiederti tre consigli per chi scrive: cosa diresti a un giovane in cerca di editore?

Di prendere spunto da Gascoigne. Fare come Gascoigne garantisce vendite altissime e una prosa liquida. Giocare a testa alta. Prendere in giro gli arbitri. Non bisogna prendersi troppo sul serio, capisci. Le cose importanti sono altre, i tramonti, per esempio. O il pesce al vapore. Molto importanti sono anche le sciarpe quando fa molto freddo. Le altre cose sono sciocchezze.

Lo sai che sto rubando tutte le domande da una serie di interviste trovate in rete? Come vado?

Ecco perché mi stavo annoiando a morte. E perché al contempo stai scrivendo commenti su Facebook. Mi snobbi. Potrei risponderti qualsiasi cosa, come quando feci l'esame con Renzo De Felice all'università. Lui era un'eminenza, lo ricordi? Dissi parole a caso, quando le finii ricominciai, tanto lui non mi ascoltava. Presi 26.

Ricordo quell' anno all’università. Ci divisero. A me capitò di dover andare a fare un esame di diritto privato. Sapevo tutto. Mi misi seduto e improvvisamente ebbi la consapevolezza di dover fare scena muta. Di colpo mi resi conto che non aveva senso dire a quel signore le cose che sapevo. Le sapevo. A me bastava. Non dovevo dimostrare niente a nessuno. Perché ripetergliele e farmi dare un voto? Mica eravamo a Portobello. Uscii dall’aula e mi ritirai. Andai in segreteria a rifarmi dare il diploma, il giorno stesso. Mi dissero che ci sarebbero voluti venti giorni. Raccontai che sarei dovuto partire il giorno dopo per l’Australia. Me lo diedero.

Ti hanno minacciato dicendo che avresti perso tutti gli esami fatti? A me sì.

Non potevano. Ero immenso. Frequentavo da un anno senza aver dato alcun esame. Quello era il primo. Dell’Università mi piaceva la scalinata dell’Aula magna dove incontravo sempre un tizio, Stefano, un coreano.

Sì ma le domande?

Dovresti farmele tu. Mi sto annoiando. Domani forse passa Gaia qui da me. Dice se si sveglia.

Lei è un intervistatore pessimo, se lo faccia dire. Non è un caso che sia uscito dall'alberghiero con un misero 56.

Lo chiesi, il 56 e lo ottenni. Così come Lei, con il suo poco senso della misura, chiese e ottenne il 60. Fece incazzare mezza classe e rischiò la denuncia.

Va così da tutta una vita. Sarà stata quella volta a farmi montare la testa.

Comunque, amico Fritz, la volevo informare che ormai ci conosciamo da 22 anni e farle un’intervista mi risulta assai complicato. Mi viene spontaneo e istintivo trascendere o tornare agli episodi che hanno consolidato la nostra fratellanza. Mi saprebbe dire il momento più alto, in senso comico, della nostra amicizia?

Mi piacque molto quando mi affittasti gratuitamente la suite dell'albergo in cui lavoravi e ti raccomandasti di svuotare il frigobar e di non dichiarare niente alla Reception. Anche quando dovemmo mostrare al nostro editore le carte d'identità perché non credeva che esistessimo realmente fu divertente, anche perché parlammo di mignotte, se non sbaglio, volevamo che telefonassero a casa. Tu avevi preso appunti. Nel silenzio irreale dicesti: "La poesia deve essere microbiologicamente pura". C'era pure Pozzani. Non rise nessuno. Anche quando mi presentasti a Genova dicendo che "l'unica domanda da fare era come mai io scrivevo bene e loro male" fu divertente. Considerando che era la mia prima presentazione e che da 100 persone che c'erano ne hai fatte rimanere solamente dieci, possiamo dire che è andata bene. È finita l'intervista?

Sì.

Bene, che devo lavorare.

Quando diventammo famosi

http://www.tg2.rai.it/dl/tg2/rubriche/PublishingBlock-ca75d386-ac8b-479f-bb73-7dfd4cd43d8d.html

martedì 24 marzo 2015

Il balcone


Eccolo il terrazzo di Borghetto Santo Spirito (Savona): qui nacque "Vi tiravamo sassi" e quel tipo con le ciabatte sono io quando lo scrissi.
Chi lo ha letto non farà fatica a riconoscere la balaustra, le sedie, la piazza col parcheggio. La ferrovia è appena poco più in là, sulla destra.
Quando passavano i Carabinieri alzavamo le birre in segno di saluto.

domenica 15 marzo 2015

A cosa servono i libri

Bazzano (Bo), 2009


In questa foto la poetessa Chiara Araldi si interessa a un libro di narrativa mentre lo scrittore Alessandro Ansuini si difende dal sole utilizzandone uno di poesia.


giovedì 12 marzo 2015

Sognando Maria Callas


Il primo romanzo di Alessandro Ansuini arriva solamente oggi, nel 2015, venticinque anni dopo l’inizio della sua storia di amore e odio con la scrittura.
Cosa ha fatto Ansuini in questi venticinque anni? Ha scritto di tutto, ha recitato di tutto, ha inciso di tutto, ha sperimentato di tutto, ha girato ovunque, ha ideato movimenti, ha contribuito a farli diventare “qualcosa”  e poi ad abbatterli, ha viaggiato, ha collaborato, ha fotografato, ha disegnato, ha sceneggiato, ha suonato musica elettronica, è stato attore in un film, ha fondato una casa editrice clandestina, si è perso, si è ritrovato, si è riperso, si è annoiato.
E tutto questo solamente per arrivare a questo libro. Perché senza quei venticinque anni lì, “Sognando Maria Callas” oggi non ci sarebbe.
Dunque, ha avuto senso aspettare tutto questo tempo? Sì.
Il libro è un piccolo capolavoro, una delle cose più interessanti lette negli ultimi anni.
Lo è per la forma del libro (stampato su carta ma nato evidentemente per essere un e-book) e lo è per il contenuto, esempio estremamente esemplificante di cosa debba e possa essere la scrittura oggi. Il romanzo si articola in 26 capitoli da leggere assieme alle 77 note: il consiglio che do è quello di munirsi di due segnalibri e, al termine di un capitolo, andare a leggere le relative note. Solamente in questo modo si riusciranno a seguire la storia e le contorsioni che farà Enea e solamente in questa maniera si riuscirà ad arrivare, in perfetto sincrono, con il finale a sorpresa.
La storia?
Siamo in una Bologna dei giorni d’oggi, città anarchica e propositiva, città dove tutti sognano di fare qualcosa ma in cui le cose si muovono per rimanere in realtà sempre ferme.
Enea fa parte, assieme ad altri ragazzi, di una factory il cui obiettivo è quello di girare un film coinvolgendo una vecchia icona caduta in disuso.
Ma la vera storia è perdersi nei punti di vista di Enea, nel suo nichilismo, nella sua ferma volontà di non appartenenza. È entrare nelle pieghe dei suoi ricordi, dei suoi amori andati, delle sue radici volate via, nelle feste surreali, nella descrizione dei personaggi, dei colori. È un viaggio in cui incontreremo tanto alcool, tanta droga, tante ragazze con le calze colorate. E Ada. E  Maria Callas.

Perché leggerlo?
Perché un libro così non capita tutti i giorni. Perché il mondo della letteratura è pieno di addetti alla catena di montaggio e Ansuini, ecco, è l’operaio che si è messo a mangiare il panino, beato, mentre la macchina sferraglia assatanata di metallo, mentre il supervisore gli urla contro con la bava alla bocca.
Ecco cosa è la letteratura e cosa è questo libro: è quel sorriso lì.