mercoledì 4 marzo 2015

Cinelli e la Coiante la pensano diversamente su "Isabelle"






Ok, ok, dato che ho la testa tutta incasinata allora rispondo come mi pare e a cosa mi pare. Anzi non rispondo ma prendo spunto e, in effetti, ammetto che la storia degli stessi piedi mi ha colpito. Credo sia vero. Forse in Flavio è ancora più evidente. O forse in me io lo vedo meno perché ci sono dentro. Ma è necessariamente vero, aggiungo. Cioè, io non considero me o Flavio scrittori. Ho sempre parlato di noi come autori. E un autore ha i propri campi di indagine, dato che il suo compito non è lo scrivere libri (quello è un lavoro per chi ci guadagna e che, quindi, ha come obiettivo la produzione del libro). Il compito dell’autore è quello di propugnare un’idea, un personale punto di vista. Che poi questa cosa assuma al termine la forma di libro è una casualità non necessaria. Ma stavolta è successo. E qui le cose si complicano, perché un libro è un atto sociale, nello stesso momento in cui c’è un “visto si stampi” esso esiste e quindi, inevitabilmente (anche se, nel nostro caso Flavio, in maniera minima e semi-impercettibile) influenza e cambia il mondo. Ma, soprassedendo, gli stessi piedi, dicevamo. E’ ovvio, credo io, che siano gli stessi. Questo perché io parlo sempre delle stesse cose, che sono quelle che mi interessano. E altrettanto fa Flavio. Ma stavolta lui ha fatto qualcosa di più: lo ha fatto in maniera perfetta. Credo che il libro che ne è venuto fuori non sia il migliore libro di Flavio, credo che sia uno dei migliori libri che ho letto. Che poi, Flavio, è difficile per me dirlo, perché gli altri possono facilmente cedere alla tentazione di pensare che la conoscenza e l’apprezzamento dell’autore (come dell’uomo) mi porti a blandirti, ma fra me e te posso anche farlo, nella mia libreria, stai fra Nabokov e Irving, finisci in quella selezione assurda da “quali libri porteresti in un’isola deserta”.
Ecco l’ho fatto. E adesso ti dico perché. Perché scrivi in modo ancora più elegante che in passato. Perché sei credibile anche quando allestisci un esercito di lumache, perché sei sempre meno condiscendente nei confronti del lettore. Perché, quando ti leggo, piango. O rido. Che poi smetto di chiedermi quale sia la differenza.
Sai che ti ho sempre messo fra i pochi autori che, secondo me, un giorno (purtroppo molto lontano, noi non ci saremo, temo) verranno studiati e letti da generazioni intere. Beh, credo che questo tuo libro sia finalmente il frutto maturo di Flavio Toccafondi, quello che, se letto, non può lasciare il lettore indifferente, quello che relega, crudelmente, tutta la produzione precedente nella categoria degli “scritti giovanili” (purtroppo è con questi piedi che cammina la critica letteraria).
Lara chiede “cosa non prende” nel libro. Non prende solo il nome dell’autore. Che non conta una cippa di minchia. Quindi non aspettarti, Lara, che il libro smuova il mondo sul serio. Aspettati invece, da quelli che lo leggeranno, gratitudine. Pubblicare quel libro è un onore e un merito 



Alessandro Cinelli, 04 settembre alle ore 14.54 








Allora, fla, facciamo che tutto quello che hai scritto potrà essere usato contro di te.
Hai scritto:

poi apro un quaderno con duecentottantotto pagine senza senso, aspiro a questo
posso confermare che le tue aspirazioni si realizzano, ma non sempre si aspira al meglio.
il meglio per esempio è qui:

Sei l’equilibrio e la distanza, la dichiarazione d’intenti, la guerra e la pace, sei l’armistizio, il delitto perfetto, la prova schiacciante, sei l’arma del delitto, sei bordura di rose, bordura di lavanda, siepe di bosco, cancello d’ingresso, sei la calce, il gesso, il collante di ogni frattura, sei la paura, il timore, l’espressione del dolore, sei un giorno appeso al vento fuori casa passeggiando sotto il sole, sei peggio di un crimine e in quanto delitto strappi il cuore, il tuo amore è assassino, amputa gli arti, si prende gli abbracci, lasciandomi a metà (io avrei concluso con: e mi lasci a metà. più musicale)

e poi qui:
 Ciò che più mi rende triste è il non riuscire a ricordare un solo giorno in cui compiesti gli anni e io c'ero, forse perché quando avrei potuto farti gli auguri ero troppo piccolo e troppo attento ad altro; ciò che conta è il pensiero, lo so, è l'affetto che mai verrà a mancare e anche se l’evidenza sembra mostrarci che sto parlando o scrivendo al muro, mi piace pensare che in questa tua morte vi sia un modo attraverso il quale tu possa avere coscienza del mio sentire: per cui Tanti Auguri Papà, cento di questi giorni.

e perché il tuo meglio è in questi due pezzi?
perché sono i pezzi in cui hai tenuto a freno la tua paura di FARTI COMPRENSIBILE, quindi di diventare passivo: essere letto. in questi due pezzi noi poveri lettori capiamo, com-prendiamo. esattamente quello che tu NON VUOI che accada per tutta la narrazione.

domandina al volo: il pezzo in cui parla lei, l'hai scritto tu?
sembra scritto da un'altra mano, e non sono sicura che mi piaccia come la tua.

insisto sul titolo, devi fidarti di me perché in quella frase c'è tutto quello che vuoi dire:
sono una lumaca e come tutte le lumache ho paura di attraversare qualsiasi cosa, senza rimanerne schiacciato.
il titolo è lì, ti piaccia o no.
 detto ciò, e in conclusione: a nome dei tuoi lettori adoranti ti scongiuro di trattarci meglio e di darci un appiglio per APPASSIONARCI A UNA STORIA.
bastava rendere un po' meno cerebrale il tutto, e persino io avrei capito che stavi parlando di un grande amore con una ragazza che vive a belgrado e che rimane incinta. poi c'è una fuga (tua), e delle lumache che per avere un passo comico dovrebbero andare un po' più veloci (l'elenco dei nomi a volte è urticante).
ma posso capire: puoi chiedere a una lumaca di snaturarsi, e andare veloce? 
ti odio, perché scrivi delle cose meravigliose ma ci tratti troppo male, noi  che ti amiamo.
 era una prefazione?

 un bacio.

V.

Nessun commento:

Posta un commento