Brano sugli elicotteri e mentre
lo penso o lo ipotizzo ce n’è uno rosso che atterra e uno rosso che è a terra
– ultimamente ho a che fare con elicotteri che alla fine si trasformano in
treni.
Questa sarà la storia
dell’elicottero Renzo in una mattina di dicembre e non faceva freddo e non
faceva luce e si era sulla carta pesta senza neppure un aeroporto o un bimbo
idrocefalo con un orange juice – questa è la storia dell’elicottero Renzo che
alla fine della storia si fingerà un treno – e che altro dire.
Storia pure di una Madonna Marlene
che masticava pietanze abnormi, con distacco, come se l’ingerimento non la
riguardasse, come se la bellezza fosse una virtù da digerire poco alla volta –
come se (manca definizione) – e si era a dicembre e si stava al freddo e questa
è la fine della prima parte.
Oi Madonna, la schiena sempre in postura; oi, Lili Marlene, santificato
manico di scopa. Dimenticavo di dire che siamo in un presepe, tutta questa
scena si svolge in un presepe e ricominciamo: Oi Madonna, la schiena sempre in postura; oi
Lili Marlene, beatificato manico di scopa. Si vive in questo anfratto, truciolato
di capanna rimediata dai cinesi, pochi euro raccattati per una mangiatoia: le
tue ultime monete per un posto in prima fila.
Ma che presepe strano - pensa
l’elicottero Renzo rivolgendosi al suo rotore in stallo – sono qui sopra
attaccato con lo spago, sospeso a osservare gli altri due elicotteri, uno in
discesa, l’altro ormai fermo, di sbieco; oi! ma la mangiatoia è ancora vuota e
c’è un bue che trema – un anziano di novantanove anni, guardalo come è sporco, si
teme putativo, vuoi come padre, vuoi come falegname, vuoi come bignè.
-
A me mi ha inventato Leonardo da Vinci! Cosa ci faccio ora incastrato, come mi ci trovo qui
sequestrato in questa farsa rappresentativa? – dice l’elicottero Renzo con i
suoi occhietti strabici che illuminano le pareti della libreria.
-
A me invece mi ha inventato San Francesco – risponde il
presepe e la cartapesta si fa montagna, si accartoccia, si ammalloppa, si
frastaglia e l’elicottero Renzo, su in alto appeso al filo, teme che alla fine
tutta questa iconografia lo penalizzerà e salterà fuori qualcuno a brandire un
“fuori i secondi!”, spunterà qualcuno a rimettere le statuine al loro posto,
perfino in scala 1:1000, o elicoidale, a sbalzo, a giorno, tutto purché sia
ripristinato l’ordine e la disciplina, la perfezione delle cose, la tradizione
innanzitutto e via gli elicotteri.
Ma qui sopra cosa ci faccio e
dove sono i cavallini, dove gli asinelli, le pecore annoiate che si fissano per
ore e ore e ore e ore e ore e ore e poi
dicono be’. Dove sono i rivoli, i ruscelli, il pastorello giovine con le ciocie
e il capretto sulle spalle. Oi, ma che stanchezza da quassù, che delusione:
illumino il finto cielo stellato con luci di navigazione e di anticollisione ma
nulla risulta credibile o veritiero, niente mi si rivela come assioma.
Siamo ancora inseguiti da una
stella cometa e non riusciamo più a sfuggirle. Ma dove sono gli altri, scesi,
sbarcati, scemi, ubriachi inseguiti anche loro! Come sfuggirne, come sfuggirle.
Ehi Gaspar, ehilà Balthasar! Ma dove vi siete nascosti in questa sera un po’
cretina, notte di porpora e pezze di lino, ascoltate! Ascoltate! Ci vorrebbe un
falò, ci vorrebbe una dignità nuova per svelare la tresca di questa Marlene
raccapricciante, icona iper-immacolata. Ci vorrebbe una luce accecante per
troncare sul nascere ogni favola in divenire.
E tu, Melkon, Melkon, brutto tonto,
che te ne stai a fare i pensieri al quadrato e folli sull'elicottero Renzo e ti
fumi la quinta canna della sera e ti sogni la pensione; Melkon, ora che le
gambe ti mollano e le labbra ti si appiccicano, diglielo a sto cazzo di mondo
che non hai doni e libri da regalare. Nulla è da scrivere e quel che è scritto
è menzogna. I libri mentono. I regali ingannano. Ti fanno sentire importante,
al centro della scena, per farti ritrovare, un attimo prima della morte, bene
in posa al centro dell’ultima cena.
Guardali, Melkon, osservali tesi
nel loro mondo cinquanta per cinquanta. Che a scendere si farebbe presto e tutt’altro
che scandaloso sarebbe portare a termine, anche quest’anno, la scena reiterata.
Dai Melkon, non fare lo stronzo, scendi
tra loro e, per far gioire i bambini di questa casa, tradisci nuovamente,
raggiungi la mangiatoia e poi vallo a dire a Erode. Vai, Melkon, re dei
Persiani, dimentica il tuo senso di colpa, non riflettere sui tuoi duemila anni
da delatore.
-
Ma a me tutto questo fa pena, pensa Melkon, e non ho
voglia di atterrare col mio dono. Andateci voi, Gaspar e Balthasar, andate voi
a farvi benedire per poi tradire, se ve la sentite. Io me ne resterò qui
sull’elicottero Renzo, sospeso in ogni senso. Volete davvero che vi dica cosa
penso? In quella mangiatoia non serve un bambino, avete scomodato inutilmente per
millenni il nome di Dio. In quella mangiatoia bastava metterci una pila, niente
di più. Una batteria ricaricabile. Quel che serve al mondo è energia, qualcosa
che ti spinga avanti, giorno dopo giorno, mattina dopo mattina, quando non ne
hai voglia e tutto ti sembra senza senso. A quello serve un dio, a darvi una
speranza giornaliera per accettare tutto questo vuoto. Quello che vi serve è
puro simbolismo. Ma guardatela quella immacolata superazzurra, simbolo del
Cielo, ma non vi fa un briciolo di pena? Giovane e menzognera, costretta, lei per
prima, a raccontar di un angelo che le insegnò una preghiera. Povera Marlene,
sposa di un vecchio: per amare un coetaneo dovette inventare una religione. E
il vecchio? Dai, s’è già detto che era dimesso, pure sporco, e un bacio in bocca
alla rappresentazione dell’umiltà.
Ma gli angeli,
gli angeli dove sono in questo presepe pop? Chi ci crede agli elicotteri? Dai,
gli elicotteri non sono credibili – cazzo di presepe – bisognava metterci tre
angeli e tre re magi – tutti in fila e paralizzati come statue di cera, e guarda
invece cosa avete combinato.
Al solito non quadra nulla e me
ne sto qui ancora sospeso, mentre accendo la sesta canna della sera, in questa
sala buia, illuminata solamente da pochi led a intermittenza.
Fallo Melkon! Dai, con la tua prima
e ultima magia, trasforma l’elicottero Renzo in un treno e corri a rubare il
bambino-pila.
Scappa Melkon! Fuggi in questo
viaggio senza meta, inventa rotaie sospese che girano attorno al mondo, posto
per posto, brughiera per brughiera, finalmente magio nella carrozza ristorante,
fragole con zucchero e limone, e una canzoncina da canticchiare e un Cristo
senza ansie, smiracolato, a legger Nathan Never nella sua cabina.
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